sabato 23 marzo 2013

Rimozione forzata


Il problema 

L'unico vero, serissimo, quasi irrisolvibile, problema che ha davanti il giovine esploratore Bersani per l'unico governo possibile - ovvero quello detto di "grande coalizione" (pd + pdl + montiani) - si chiama Berlusconi. E non intendo il suo partito, ma proprio la persona fisica.
Berlusconi è infatti diventato irresistibilmente, e per tutta una serie di ragioni, inviso:

  • agli Usa (caso Gheddafi in primis e amicizie putiniane in secondis nonché molto altro ancora); 
  •  ai tre padroni dell'UE cioè Inghilterra, Francia e Fermania (per la sua riluttanza, meglio: la riluttanza dell'ex ministro plenipotenziario Tremonti, alle politiche del "ce lo chiede la germania") 
  • alla marea montante degli ex berlusconiani, ex leghisti, ex rivoluzionari comunistoidi, ex piddini delusi, ex fascisti antifiniani, ex astensionisti e ogni altra categoria di "ex" possibile ed immaginabile oggi felicemente grillini. 
Le recenti disavventure giudiziarie del Silvio nazionale (processi di Milano, l'inchiesta sui due/tre milioni dati a quel pachiderma sempre sul punto di esplodere chiamato De Gregorio) lo rendono, per sovrammercato in questo momento, ancora più impresentabile (ammesso che sia possibile) di fronte a una opinione pubblica nazionale maggioritaria (pd e grillini). Insomma, proprio non se ne può parlare.

Il falso problema 

L'esplorazione di Bersani pertanto non è rivolta a verificare la possibilità di un accordo "tecnico" per un programma di "emergenza nazionale" con Casalgrillo (attraverso i suoi portavoce in parlamento, chiamati, erroneamente, senatori e deputati). Quello è un falso problema e non necessita di alcuna soluzione come tutti i falsi problemi. Bersani sa benissimo che è una cosa impossibile e che il "modello Sicilia" (Crocetta + Udc + Pd + M 5S) non è replicabile per alcune ragioni tecniche (il voto di fiducia che in Sicilia non vincola nulla visto che il Presidente si elegge direttamente) e, soprattutto, politiche. I grillini, infatti, vogliono assolutamente un governo di "grande coalizione" senza di loro perché non è questa la legislatura che gli interessa, ma la prossima, dove prevedono di arrivare primi assoluti se, e solo se, non si "contaminano " con la Kasta (pd, pdl e tutto il resto). E quindi il loro no ad un governo è assoluto.
L'esplorazione di Bersani va quindi in un'altra direzione: provare a vedere quanti pidiellini sono disposti (con o senza l'avallo del loro presidente) a votargli la fiducia. Si tratterà di capire cioè come avere un governo di "grande coalizione" senza avere tra i piedi Berlusconi. Un governo con numeri tali da assicurare alcune misure necessarie di sopravvivenza del sistema e ritardare il più possibile il momento in cui tutto andrà in malora o perfino annullare questa possibilità, e cioè:

  • non suscitare le ire della Trojka e del loro dio unico (il mercato/spread); 
  • calmierare in qualche maniera le turbolenze di un elettorato di cui si sta perdendo il controllo (con misure ad effetto ed altre reali ed incisive tipo reddito di cittadinanza, pagamento aziende fornitrici della P.A., aumento pensioni minime, riduzione costi della politica ecc.); 
  • evitare deragliamenti del sistema democratico. 

La soluzione al problema 

Se il capo del Pdl non fosse Berlusconi ma, poniamo, Monti o qualcuno più presentabile, domani sera avremo un governo.
Siccome a capo di quel partito c'è invece il suo fondatore e leader carismatico tutto diventa difficilissimo. A meno che Berlusconi non scompaia dalla circolazione: arrestato, di sua sponte (magari con un lasciapassare per Mosca o qualche altra promessa seria sulla sua incolumità fisica ed economica) oppure abbandonato da una parte dei suoi parlamentari. Liberato il campo dal macigno tutto diventerebbe più semplice. Ed è per questo che sono convinto che si lavori in questa direzione e non in altre. La "neutralizzazione" di Berlusconi, ma non dei suoi parlamentari che invece dovrebbero essere cooptati in un governo, è la sfida che ha davanti a sè, prima ancora che Bersani, Napolitano.
L'affidamento di un incarico esplorativo al primo è solo prendere tempo. Napolitano sa che è difficile e, secondo me, sta già lavorando ad un nuovo governo "del Presidente" con un altro personaggio "super partes" ma non troppo (magari un tipo come Renzi). Un governo tecnico-politico, chiamiamolo così, con nomi belli, presentabili, affidabili e che siano contemporaneamente garanzia per la trojka, per gli americani e che soddisfino nel più breve tempo possibile esigenze diffuse senza manomettere equilibri internazionali (militari e finanziari soprattutto).
Andare ad elezioni tra sei mesi, con questa o un'altra legge elettorale, in condizioni di instabilità politica tanto evidenti significa non un salto nel buio, significa il caos greco. E un paese di sessanta milioni di abitanti non è maneggevole come uno di meno di dieci milioni (già una bella fatica peraltro).
Non conviene a nessuno. Manco a Casalgrillo.
O forse no.

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