domenica 8 marzo 2015

Democrazia e totemismo

Un poco più di due anni fa, quando era ancora il supersindaco di Firenze, Renzi illustrava al mondo la sua idea sull'art.18 dello Statuto dei lavoratori (vedi video  allegato). Raccontava che il suddetto articolo era una "totem mediatico" usato solo per propaganda politica e che "non conosceva un solo imprenditore" che si lamentasse del "totem". Al contrario dichiarava che la corruzione, la burocrazia elefantiaca, la giustizia civile lentissima erano i "veri" problemi.
Da ieri la riforma del Diritto del lavoro chiamata Jobs Act, che cancella quasi completamente l'art. 18 (e non solo) dello Statuto, è legge dello Stato. Realizzata in tempi record (ammettiamolo con ammirazione) proprio da Renzi.

Non importa qui stabilire il perché di questo radicale cambiamento di posizione. Tutti cambiamo idea su molte cose e Voltaire diceva che solo i morti e cretini non cambiano idea. La cosa interessante è invece un'altra a mio parere: la capacità di Renzi di essere in grado di intercettare l'orientamento generale (su singole questioni o su una intera interpretazione del mondo), in un dato momento, di buona parte dell'elettorato, farsene interprete e, soprattutto, una volta intercettatolo e divenutone il rappresentante, di riorganizzarlo e riorientarlo verso la direzione che gli interessa. Un leader carismatico ha questo di diverso rispetto ad un leader politico senza carisma.
Il programma del San Sepolcro di Mussolini (atto fondativo del Fascismo) era un programma che metteva assieme proposte e proposizioni socialiste e rivoluzionarie e proposte e proposizioni orientate coinvolgere la media e piccola borghesia impaurite. Era un programma, cioè, perfettamente in linea col sentire comune di larghi strati sociali italiani del primo dopoguerra. Sappiamo bene che fine fece quel programma non appena Mussolini prese il potere.
Qualche decennio più tardi - con minor successo ma con le stesse modalità - un altro leader carismatico - sull'onda di una profonda crisi economica e di rappresentanza democratica (quest'ultima dovuta in buona parte alla vicenda "Mani Pulite") - intercettò un parte abbondante di consenso elettorale schierandosi contro la corruzione e il malaffare e chiamò al suo primo governo (anche se ottenne risposta negativa) il paladino dell'anticorruzione del tempo, il Pubblico Ministero Di Pietro. Poco tempo dopo, una volta padrone del consenso, il leader carismatico lo riorientò verso la direzione a lui più congeniale. Quel leader era Berlusconi.

Un leader carismatico è ambizioso, è spregiudicato, è mimetico, è capace di intuire "l'umore" più comune sparso tra la società ed è in grado non solo di interpretarlo ma, soprattuto, di reinterpretarlo e di stravolgerlo facendo credere che sia sempre lo stesso "umore". Soprattutto, il leader carismatico è convinto di avere una missione storica che nessun altro è in grado di esercitare.
Renzi è, in questo momento, il leader carismatico di cui gli italiani hanno bisogno.
Ce ne sono altri due, invero, che hanno caratteristiche simili alle sue. C'è Grillo e c'è Salvini. Ma, rispetto a Renzi, i due non sono sintonizzati con la parte maggioritaria dell'elettorato italiano. Sono, ciascuno a suo modo, "estremisti". Tendono a farsi interpreti di una parte di elettorato delusa, indignata, impaurita dalla crisi, dall'immigrazione, dalla piccola criminalità e che sogna una palingenesi radicale della società senza sapere però quale modello adottare se non quello di una epoca d'oro vagheggiata e mai esistita, fatta di tutto e del contrario di tutto. In questo elettorato domina la confusione ideologica e psicologica. Questa parte di elettorato, fluttuante e a tratti consistente, è comunque minoritaria. E' destinata a fare pressioni sulla politica e sul potere ma non ad esercitarlo. Almeno fino a che esiste una parte di popolazione ancora mediamente "benestante" e maggioritaria.

Renzi, più scaltramente, ha scelto un altro riferimento elettorale. Quello della "maggioranza silenziosa". Appunto quello, maggioritario, di una popolazione tutto sommato benestante, in grado di sopravvivere alla crisi economica con sacrifici ma senza essere compromessa con la povertà, che anela il ritorno ad un passato fatto di consumi e di benessere diffuso senza particolari difficoltà. Che si nutre di una cultura spicciola e superficiale e che ama "delegare" agli altri sia la comprensione dei problemi che una loro eventuale soluzione limitandosi a segnalarli (e neppure tanto convintamente). E' la parte di elettorato culturalmente piccolo borghese maggioritaria e conservatrice, moderata come si dice oggi e, sempre, ambigua. Non razzista ma patriottarda, non ideologizzata ma a-ideologica, non liberista ma filoliberista, non europeista ma neppure antieuropeista, non rassegnata ma portata all'accettazione e al democristianissimo "tirare a campare". Perfettamente allineata, dunque, col pensiero unico dominante fatto di "There is not alternative" (TINA) e che si affida a "tecnici" ed "esperti" che dicono quello che vuole sentirsi dire in quel momento.
A queste condizioni il leader carismatico Renzi ha gioco facile. Può essere un giorno a favore dello Statuto dei lavoratori e il giorno appresso può cancellarlo. Può dire che la politica è troppo corrotta ma accettare finanziamenti alle sue cene di gala da personaggi discussi e discutibili. Può essere contro l'acquisto di F35 ma acquistarli lo stesso. Può, insomma, cambiare opinione in continuazione, a seconda degli umori del suo elettorato di riferimento, salvo decidere poi fare quello che ha deciso di fare presentandolo come il raggiungimento dell'obiettivo che il suo elettorato desiderava. E siccome il suo elettorato è fluttuante in termini di idee e con la memoria cortissima, in effetti il suo elettorato lo apprezza sempre. E sempre di più.

Il leader carismatico - non un argomento politico - diventa così un totem mediatico. Il totem di tutti.
Di chi lo adora e lo prega e di chi lo odia e lo bestemmia. Di chi lo invoca per "cambiare le cose" e di chi lo offende dicendo che non cambia nulla.
Diventa il centro della politica e della religione laica di un paese. E tanto più è in grado di orientare e riorientare le opinioni dei suoi fedeli tanto più tenta di accreditarsi a tutti i suoi nemici come l'unico totem, l'unico che "fa" e "sa fare" e che "può fare". Attirando verso di lui molti altri ex nemici e avversari, assecondandoli se del caso e poi manipolandoli.
La democrazia post-moderna, figlia del liberismo e del "decisionismo" a convenienza, sradicata dalla partecipazione consapevole e fondata sul consenso plebiscitario, è assai simile alle dittature novecentesche. E' totemismo.
E come tutti i totemismi è una religione debole. Che si affida al totem fino a che il totem garantisce ai più quel minimo di tranquillità di cui necessitano.
Se non ci riesce più, per qualunque ragione, i fedeli del totemismo cambiano totem. Ma prima di cambiarlo lo abbattono e, poi, fanno finta di non averlo mai adorato. Alla ricerca di un nuovo totem.
Che arriverà.


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