domenica 2 marzo 2014

Nuove guerre fredde e calde. Ovvero: passare dall'internazionalismo al nazionalismo e mettere paura al popolo del web.

Pare che sia dura per l'Europa e Obama (quello che spiava l'Unione europea h24 e perfino i suoi leader più cretini, tipo Zapatero) accettare un dato di fatto. E cioè che il mondo è un poco diverso da come loro lo immaginavano venti e passa anni fa, quando cadde il muro di Berlino.
A quei tempi, gli ameroeuropei, s'erano convinti che l'autodisintegrazione dell'Urss (inaspettata e sorprendente) fosse la certificazione di due cose: che il capitalismo non avesse alcun altro concorrente ideologico e politico di cui preoccuparsi e che l'egemonia culturale ed economica ameroeuropea si accompagnasse automaticamente a quella più importante: l'egemonia militare.

Ora, sul primo punto non c'è discussione: è così.
Nella foto, popolazione non ancora completamente globalizzata
Non c'è angolo del globo terracqueo (con l'eccezione di qualche fortunata tribù amazzoniana) in cui il capitalismo - nelle sue varianti (temperato, rapinatore, di stato) - non abbia trionfato portandosi appresso anche l'egemonia culturale americana (il mitico "american way of life").
La "globalizzazione", da questo punto di vista è totale e, credo, irreversibile.

Sulla seconda questione, l'egemonia militare, non è per nulla così.
Il ruolo ameroeuropeo di dominio mondiale ha certo conosciuto, nei primi quindici anni dalla fine del bipolarimo sovietico-americano, una avanzata praticamente irrefrenabile specie in Europa dove quasi tutto l'est, per cinquanta anni comunista o qualcosa del genere, nel giro di poco tempo s'è trasformato in avamposto ameroeuropeo. A volte pacificamente, altre volte con guerre civili sanguinosissime (vedi alla voce Jugoslavia).
Da qualche anno, però, la situazione è radicalmente cambiata. L'idea prevalente ai tempi di Bush del New World Order, cioè la trasformazione del mondo in un protettorato americano, s'è scontrata con una resistenza per nulla morbida da parte di due soggetti che si credevano inoffensivi o comunque controllabili: la Cina e la Russia.
Questi due Stati, benché ben lieti di partecipare al grande banchetto della Globalizzazione apparecchiato a suo tempo e altrettanto ben lieti di avere un capitalismo più o meno controllato dal partito-stato che li sta rendendo assai ricchi e potenti, non hanno alcuna intenzione di essere trattati da ospiti: hanno intenzione di essere trattati da padroni. Tanto quanto gli Usa (e la sua appendice europea). Pertanto l'idea che gli si possa pestare i piedi in continuazione e fare finta di niente invece che chiedere scusa e non farlo mai più, non fa per loro.
Un esempio recente tra i tanti che possono farsi, eclatante e ormai dimenticato, è dato dalla crisi siriana dell'estate scorsa. Alla notizia (falsa) che Assad avesse gasato mezza Damasco gli ameroeuropei risposero che Assad doveva essere eliminato e accesero i motori di navi e di aerei da guerra perché, dicevano, un crimine del genere non poteva restare impunito. Il tono minaccioso durò qualche settimana, giusto il tempo di scoprire che in Siria, a Tartus, c'era l'unica base militare russa fuori dal suo territorio e che i russi erano pronti a bombardare gli ameroeuropei se avessero continuato a sparare cazzatine.
Il risultato è stato, come noto, che Assad è ancora al suo posto. E pure la base russa nel mediterraneo.

Già questo dovrebbe dare l'idea che i bei tempi per gli ameroeuropei del prendersi tutto e lasciare agli altri solo qualche briciola, erano tristememente passati. E che era un pericolosissimo azzardo continuare a giocare al risiko fomentando gruppi e gruppetti filoamericani in giro per il mondo in tutte quelle zone dove, volenti o nolenti, c'erano già altri insediati coi loro interessi.
Perché questo azzardo ha come conseguenze due cose: da un lato il rischio, serio, che qualche sconsiderato prema per primo il grilletto e inneschi una qualche catastrofe nucleare e un altro, non meno pericoloso, che è quello di incoraggiare Russia e Cina a fare allo stesso modo: cioè a fomentare dove è possibile fomentare e installarsi dove è possibile installarsi col rischio, ancora una volta serissimo, che, a forza di giocare col fuoco, ci si bruci. Tanto per dire: è di qualche giorno fa la notizia che il Ministro degli esteri russo ha fatto un bel tour in giro per il mondo alla ricerca di alleati con i quali contrattare basi militari e navali. E questo giro ha avuto come interlocutori non pochi leader latino americani che, da un poco di tempo, ne hanno le scatole piene degli statunitensi (vedi qua).
Il fatto è che le cose sono cambiate, che ormai il mondo è ridiventato multipolare e che questo multipolarismo sa tanto di vecchio e di dejà vù.
La Russia non è più comunista e internazionalista ma nazionalista, così come la Cina. E gli Stati uniti.
Non ci sono più ideologie dietro la spartizione del mondo, neppure per finta.
Ci sono interessi economici e militari chiari con l'aggravante di una rinascita vigorosissima del nazionalismo che gioca il ruolo del collante per le popolazioni dei nuovi imperi.
Proprio come accadeva ai tempi - poco gloriosi - degli imperi spagnolo, francese e inglese che hanno stravolto il mondo per qualche secolo e, di tanto in tanto, si facevano la guerra  (direttamente o per interposta persona) reciprocamente - in un mutevole ma costante gioco di alleanze - ogni qualvolta era necessario per salvaguardare i propri interessi economici.

Questa fase della politica internazionale, e la crisi ucraina ne è l'ennesima dimostrazione, pare un misto tra il Gioco dell'oca e il Risiko: finita l'epoca delle guerre fredde (e calde) ideologiche si è tornati alla casella di partenza cioè alle guerre fredde (e calde) nel nome del supremo interesse nazionale dei paesi che adesso hanno preso il posto della Spagna, della Francia e dell'Inghilterra.
Solo che adesso, a differenza di qualche tempo fa, ci sono le armi nucleari. Che sono, notoriamente, un pochetto più pericolose delle armi cosidette convenzionali.
Ragione vorrebbe, pertanto, che ci si desse una bella calmata, soprattutto da parte degli ameroeuropei che hanno tutta questa fregola di occupare l'occupabile. E, realisticamente, cominciassero a discutere sul come mettersi d'accordo con i nuovi (si fa per dire) arrivati.
Tanto, alla fin fine, di roba da mangiare ce n'è ancora, di popoli da spolpare ancora tanti e di danno da fare, distruggendo ogni cosa animata e inanimata sul pianeta grazie alle magnificenze di un capitalismo senza freni, ancora tantissimo.
Tutto questo si può fare tranquillamente in silenzio e appartati in qualche grand hotel, senza bisogno di fare tutto questo casino e impaurire il "popolo del web" che, giustamente, sta sul web per i siti porno e condividere su Facebook le foto delle vacanze non certo per interessarsi di politica internazionale.